Da grande farò…il MICOLOGO

Chi è il Micologo?

Chi si occupa di micologia. Esperto micologo, denominazione, in passato, del funzionario dell'Ufficio d'igiene incaricato dell'esame dei funghi che possono essere ammessi alla vendita o comunque al consumo (oggi lo stesso servizio è svolto da particolari uffici delle Aziende sanitarie locali).

Che cosa studia la micologia?

La micologia è una branca delle scienze naturali che si occupa dello studio dei funghi, dalle forme più note e di notevoli dimensioni a quelle più piccole come le muffe.

Quanto costa un corso da micologo?

La quota di partecipazione alla 1^ sessione è di € 850,00 totali a persona

Come diventare micologo 2023?

Per partecipare al corso è necessario essere in possesso del diploma quinquennale di scuola media superiore così come previsto dalla normativa. La segreteria organizzativa invierà conferma di partecipazione via email alla scadenza delle pre-iscrizioni (28 maggio 2023)

Che cosa fa un micologo e dove lavora?

La micologia è un ramo della biologia che si occupa dello studio dei funghi e il micologo è la figura professionale specializzata in questa branca del sapere. Il micologo è una figura di particolare importanza se si pensa che ogni anno centinaia di persone si rivolgono ai Centri antiveleni (CAV) degli ospedali italiani per sospette intossicazioni da funghi, come nei dati forniti dal CAV di Milano e riportati dall'Istituto Superiore di Sanità.

Questa professione è disciplinata dalla legge, in particolare dal D.M. 686/96, dal titolo "Regolamento concernente criteri e modalità per il rilascio dell'attestato di micologo". Tale norma stabilisce i requisiti per diventare micologo, che comprendono la frequenza di un corso di formazione teorico-pratico organizzato dalle varie Regioni o Province Autonome, il superamento di un esame finale e il conseguimento del relativo attestato. A questo punto ci si potrà iscrivere al Registro nazionale dei micologi, un passaggio essenziale per svolgere la professione. Al termine di questo percorso, un micologo è in grado di riconoscere le diverse specie di funghi epigei (ovvero i comuni funghi che crescono nei prati o nei boschi e che si sviluppano fuori dal terreno) destinati al consumo umano, come porcini e galletti, e di verificarne la commestibilità. Può trovare occupazione sia nel settore pubblico, sia nel privato.

Ma che cosa fa un micologo o una micologa di preciso?

In questa guida inquadreremo questa professione dal punto di vista normativo. Ti illustreremo inoltre le diverse mansioni che i micologi svolgono quotidianamente, sia nel settore pubblico che in quello privato, e le competenze che mettono in campo per garantire la sicurezza dei funghi destinati al consumo umano. Che cosa fanno i micologi nella pratica? Entriamo ora nel dettaglio di ciò che fanno i micologi nel loro lavoro quotidiano. Queste figure si occupano di:

  • controllare la commestibilità dei funghi freschi per i privati che li hanno raccolti personalmente o che intendono consumarli
  • controllare e certificare i lotti di funghi freschi o secchi destinati alla lavorazione (ad esempio per la conservazione sott'olio, in salamoia, surgelati...) o alla commercializzazione per conto di aziende alimentari
  • verificare l'idoneità al riconoscimento delle specie fungine di coloro che si occupano di vendita, preparazione e somministrazione di funghi
  • fornire consulenza ai Centri antiveleni (CAV) o alle strutture ospedaliere nel trattamento di sospette intossicazioni da funghi.
  • Oltre alle attività di analisi e consulenza sopra riportate, i micologi si occupano anche di formazione. Possono organizzare eventi di divulgazione destinati al grande pubblico oppure occuparsi di corsi più specifici rivolti agli operatori del settore alimentare o a coloro che raccolgono i funghi per lavoro o passione.
  • Dove possono lavorare i micologi? Questo prezioso servizio di tutela della salute pubblica può essere svolto sia nel settore pubblico, sia nel settore privato, con qualche differenza nelle mansioni richieste. I micologi nel settore pubblico Nell'ambito della Sanità Pubblica i micologi sono impiegati presso gli Ispettorati micologici, centri ad hoc istituiti presso le aziende sanitarie locali e distribuiti in modo capillare su tutto il territorio nazionale. Gli Ispettorati micologici si occupano principalmente di verificare la commestibilità dei funghi raccolti da privati cittadini per il consumo personale (un servizio in genere gratuito) e dei funghi destinati alle aziende che si occupano di ristorazione, vendita al dettaglio e produzione alimentare. A seguito di queste consulenze, i funghi che superano l'esame ricevono un certificato sanitario di commestibilità, mentre gli altri vengono distrutti. Gli Ispettorati micologici sono anche il punto di riferimento dei reparti ospedalieri e dei Centri antiveleni nei casi di sospetta intossicazione.

I micologi nel settore privato

Un'altra opzione per i micologi consiste nel cercare un impiego nelle aziende private che si occupano di lavorare o confezionare in vario modo funghi come i porcini. Queste aziende sono infatti obbligate dalla legge ad avvalersi della consulenza di un micologo. Questa figura può essere assunta direttamente o collaborare con diverse aziende in qualità di libero professionista. Nel settore privato i micologi si occupano innanzitutto di riconoscere le diverse specie di funghi acquistate dall'azienda, ma anche di svolgere analisi qualitative sui lotti e di monitorare la filiera e il processo produttivo. Ciò garantisce che il prodotto finito sia al tempo stesso sicuro e di qualità. Inoltre, sono responsabili della formazione e dell'aggiornamento professionale del personale addetto alla lavorazione di questo prodotto naturale. Le competenze dei micologi. Per poter espletare al meglio i compiti di cui abbiamo parlato, i micologi devono possedere conoscenze tecniche e anche la giusta attitudine personale. Di seguito vedremo le caratteristiche di un buon micologo. Le competenze tecniche dei micologi e competenze specialistiche dei micologi sono acquisite tramite gli appositi corsi di formazione che permettono di accedere alla professione. Esse includono:

  • capacità di identificare le diverse varietà di funghi in base ai caratteri morfologici specifici (corpo fruttifero, cappello, lamelle, spore, anello, gambo...) e di distinguere le specie commestibili da quelle tossiche
  • capacità di eseguire analisi macroscopiche, microscopiche e chimiche dei funghi o di loro parti, crude o cotte
  • capacità di individuare larve o impurità nei funghi freschi o secchi
  • conoscenza del ruolo dei funghi nell'ecosistema, delle basi della loro coltivazione e del loro valore alimentare
  • conoscenza degli aspetti normativi e procedurali legati alla raccolta e alla commercializzazione dei funghi
  • capacità tecniche e informatiche: utilizzo di microscopi e di fotocamere o videocamere per l'analisi della morfologia dei funghi, nonché di software dedicati per la misurazione delle spore e l'archiviazione delle rilevazioni.
  • Rapidità : Questa è una dote importante tanto nel settore privato quanto nel pubblico. In ambito aziendale il tempismo è fondamentale per immettere prima il prodotto sul mercato. Capita quindi che i micologi si trovino ad analizzare in tempi stretti anche grandi lotti di funghi freschi o secchi. Per quanto riguarda la Sanità Pubblica, invece, la rapidità è particolarmente essenziale negli episodi di avvelenamento: dal responso del micologo dipende infatti il trattamento del paziente.
  • Attenzione al dettaglio: Oltre ad analizzare i campioni in tempi rapidi, i micologi devono essere in grado di lavorare su diverse varietà contemporaneamente. Si pensi ad esempio ai cesti contenenti diversi tipi di funghi raccolti dai privati cittadini per il proprio consumo personale. È quindi necessaria una grande attenzione al dettaglio. Nei casi di presunto avvelenamento da funghi, inoltre, i micologi devono riuscire a identificare le varietà di funghi in condizioni non sempre ottimali. Spesso si tratta di funghi cotti (che quindi hanno subito alterazioni a livello di forma e colore), di residui (ad esempio gli avanzi di un pasto) oppure persino di reperti prelevati dal paziente. Ecco quindi che le capacità di analisi e osservazione dei micologi vengono messe a dura prova.
  • Competenze sociali Spesso i micologi si trovano a lavorare a contatto con il pubblico o con i dipendenti delle aziende alimentari che lavorano o commercializzano i funghi. Sono anche in contatto con ospedali e Centri antiveleni. Devono quindi possedere buone abilità sociali e comunicative.

Da grande farò: sarta/o

Con l’arrivo della produzione di abbigliamento su vasta scala, si pensava che la figura professionale del/la sarto/a fosse divenuto un mestiere in declino, ma fortunatamente non è assolutamente così dato che la figura del/la sarto/a negli ultimi anni è sempre più richiesta.
I settori che richiedono una figura di un/a sarto/a professionale sono sempre più numerosi, dalle boutique, agli atelier di moda, ma anche costumisti per cinema e teatro. E la domanda tende a crescere soprattutto nel panorama italiano, dato che proprio nel nostro Paese il settore della moda è particolarmente riconosciuto ed acclamato anche all’estero.
Un tempo i giovani intraprendevano il mestiere della sartoria per necessità, per riuscire a guadagnare qualche soldo che a casa spesso scarseggiava, oggi invece a muovere le nuove generazioni è un’estrema passione, professionalità e grande attitudine a rispondere alle esigenze del mercato. Ma come diventare sart* professionista? Quali sono i corsi di formazione consigliati a chi vuole lavorare come sart*?

Diventare sart*: chi è e che cosa fa? La/il sarta/o si occupa di modificare, adattare e riparare abiti, o crearli completamente partendo da zero di nuovi modelli. La/il sarta/o solitamente lavora autonomamente partendo da carta modelli o seguendo le direttive di creatori della moda, ovvero gli stilisti. Il processo di creazione di un abito passa varie fasi, dalla preparazione del bozzetto, alla creazione della sagoma, al taglio dei tessuto, per passare all’assemblaggio e alla cucitura. Solitamente la/il sarta/o si occupa del processo di confezione sartoriale, e raramente procede inoltre al taglio e alla cucitura delle stoffe. Nello specifico la/il sarta/o, oltre ad occuparsi delle varie fasi di realizzazione del capo di abbigliamento, richiesto dal cliente, dovrà inoltre occuparsi di suggerire al cliente una serie di modelli già realizzati o crearne un modello originale, oltre a fornire le tempistiche e il preventivo dei costi del lavoro.
Le mansioni del/la sarto/a possono essere svariate, potrebbe infatti riparare, modificare o riadattare abiti già pronti, oltre ad eseguire lavori di sartoria su altri tessuti, come tende, lenzuola o accessori e borse. Riuscendo a modificare lo stile di un vecchio abito o dando nuova vita a delle tende, magari aggiungendo drappeggi, ricami o risvolti.

Lavorare come sart*: formazione. Per iniziare a lavorare come sart* è necessario partire da un percorso di formazione. In passato chi voleva diventare sart* si limitava ad affiancarsi a sart* espert* per riuscire a carpire ogni tecnica e i segreti del mestiere. Al giorno d’oggi il percorso di formazione per sart* è decisamente differente, da qualche anno esiste il Liceo della Moda che fornisce una formazione base per chi sogna diventare sart* professionist*. Oltre al Liceo esistono dei corsi di formazione specifici che consentono di acquisire tutte le competenze necessarie. Di certo l’apprendimento pratico resta sicuramente la strada più corretta per apprendere ogni segreto per diventare sart* espert*. I corsi di sartoria professionale consentono agli appassionati che vogliono seguire tale percorso di realizzare qualsiasi tipologia di capo. I corsi permettono di acquisire conoscenze teoriche sulla terminologia sartoriale, sulla classificazione dei vestiti o delle taglie, di iniziare a creare dei cartamodelli, segnare e tagliare il tessuto, cucire sia a mano che con la macchina da cucire, ma anche ricamo, e l’utilizzo di taglia – cuci e ferro da stiro. Un/a sarto/a dopo il percorso di formazione base potrebbe cercare di approfondire le proprie conoscenze diventando una stilista, modellista o anche un designer del settore tessile.


Sart*: opportunità di lavoro. Le opportunità lavorative per sart* professionist* sono realmente numerose, in quanto diversi sono i settori presso i quali è possibile trovare lavoro per un/a sarto/a. Dai negozi di sartoria, agli atelier di moda, passando per negozi di abiti da sposa o industria tessile.
Un/a sarto/a entra nel mondo del lavoro dopo aver completato un percorso di formazione e un apprendistato presso dei laboratori sartoriali o atelier. Solo dopo aver acquisito l’esperienza necessaria sarà possibile aprire un’attività propria per confezionare abiti, effettuare lavori di sartoria rapida o riparazioni, o anche per iniziare una carriera di successo lavorando per stilisti famosi. Solitamente le figure professionali più ricercate sono sart* macchinista e sart* prototipista, ovvero un/a professionista che dovrà realizzare dei prototipi che una volta industrializzati saranno poi messi in produzione.
Un/a sarto/a che non aspira ad ottenere un grande successo e che vuole iniziare a fare prima esperienza nel piccolo, potrà optare per lavorare come sart* da libero/a professionista per svolgere piccoli lavori di sartoria, e riparazioni, cuciture, e ricami. Così come decidere di trovare un lavoro preso un negozio di abbigliamento di alto livello, ma anche lavanderie che spesso tendono ad offrire ai propri clienti un servizio aggiuntivo di riparazione sartoriale.

Da grande farò…il FOOD TRUCKER

I food truck sono la moda del momento e si moltiplicano le iniziative di festival e fiere che li vedono protagonisti. Negli States sono nati come risposta anticrisi agli affitti sempre più cari delle metropoli, e hanno lanciano una nuova leva di chef emergenti, cresciuti facendo panini gourmet o street food di altissimo livello.

In Italia si è partiti con gli hamburger ma è ora un fiorire di camioncini che servono cibo di strada, specialità regionali, etniche o pop come la pizza – ma di prima qualità.

In molti sono stati spinti dal sogni di cambiare vita, di vivere all’aria aperta e lavorare al contatto con la gente, facendo la cosa più divertente del mondo, cucinare. Ma è un mestiere a tutti gli effetti, per il quale è bene informarsi sugli aspetti burocratici, gestionali, economici e tutto quello che è necessario tenere in considerazione per approcciarsi a questo mestiere!

Prioritario è scegliere cosa cucinare

Il mercato oggi è già saturo, serve avere un’idea originale, saperla cucinare alla perfezione, valutare bene costi e ricavi ed esserne convinti. Se si sceglie un monoprodotto facile, come le crepes, potrebbe bastare anche una Ape car, ma se vuole cucinare davvero allora servono frigo e uno spazio cucina idoneo.

Se si vuole creare un’impresa che dia reddito è necessario lavorare tutti giorni, e se si fanno piatti che hanno bisogno di preparazione prima, è necessario avere un laboratorio di appoggio e di stoccaggio, un magazzino… Bisogna concentrarsi sulle proprie proposte e ottimizzare ogni aspetto, dai fornitori alla catena del freddo, dalla preparazione alla somministrazione. Questo settore è spesso condizionato dal meteo: per questo motivo bisogna ridurre gli scarti a zero.

Quali sono i requisiti professionali per diventare street fooder?

Se non si è cuochi, i requisiti per avviare l'attività di street food sono gli stessi che servono per aprire un ristorante in sede fissa, questo significa che non si può improvvisare. Una base di cucina aiuta sempre, ma è pur vero che concentrandosi su una serie di proposte limitate si può sopperire ad eventuali lacune.

Per essere un imprenditore su ruote si deve avere tanta determinazione sul prodotto che si propone, si deve amare quello che si cucina e farlo al meglio. L’offerta ti differenzia e devi essere davvero bravo, anche se non sei un cuoco devi saper fare quella cosa molto bene. Ci sono tanti non professionisti del settore che lavorano bene, ma è necessario avere chiare le potenzialità e i limiti.

Cercare il foodtruck

Il mezzo è quasi più importante di quello che si cucina, la gente compra prima con gli occhi.

Ci sono aziende in Italia che li consegnano chiavi in mano, ma sono oberate di lavoro e da 3 mesi di consegna standard spesso i tempi si allungano anche del doppio - ed è tanto perché nel mentre nonsi lavora e non si hanno introiti. Se si cede al fascino indubbio di un bel mezzo d’epoca, è bene valutare prima gli spostamenti da fare. L’ambulante prevede molti chilometri, carburante, rischio di rimanere a piedi (con il cibo che prende caldo nei frigo spenti…). Le Ape car vanno bene per alcune preparazioni, ma devono essere trasportate su un altro mezzo e avere un camion refrigerato di appoggio, d’altro lato i mezzi troppo grandi vanno lontano, ma in città non si parcheggiano facilmente… bisogna valutare bene.

Come scegliere i propri cibi da street food? Bisogna seguire solo la propria passione o è meglio seguire i trend del mercato per vendere di più?
Bisogna fare una scelta trasversale, bisogna crearsi la propria identità, ora più che mai. Esistono quei prodotti cosiddetti “ruffiani” che vanno sempre, come i fritti o la carne. Ma proporre una ricetta non tua ti sottopone al confronto degli altri che fanno l'identica stessa cosa. Sicuramente non bisogna fossilizzarsi sulla prima scelta fatta, perché stiamo comunque parlando di business: quindi se un prodotto non tira più è consigliabile sostituirlo.

Comunicare è tutto
Comunicare è fondamentale perché i social network sono la tua vetrina che di fatto sostutisce quella reale davanti a cui le persone passano ogni giorno… in questo è molto più difficile che avere un ristorante. Esisti solo sui social network per molta della clientela. Starci dietro è un lavoro nel lavoro, che può però ripagare tantissimo: i clienti ti seguono, sanno dove sei, che cosa cucini, si informano così, fanno persino ordinazioni, ti cercano per catering o matrimoni.

Come trovare le occasioni migliori di guadagno?
Non è facile orientarsi tra i festival e le fiere di paese. Si tratta di scelte molto diverse tra loro che possono determinare casi di successo o flop enormi. I festival sono molto costosi, per prendervi parte si pagano più di 1000 euro a weekend, ma la gente viene per mangiare e assaggiare, è predisposta a spendere e si fanno numeri importantissimi. Nelle fiere di paese non si paga mai più di 50 o 100 euro ma per guadagnare bisogna prenderci, bisogna avere esperienza e sapere cosa funziona.


Da grande farò…l’ENOLOGO

Chi è l’enologo 

Chi è e a cosa serve l’enologo? L’enologo, o l’enologa, è colui in possesso di almeno un titolo di Laurea triennale in viticoltura ed enologia. È una figura essenziale per ogni azienda dedita alla produzione del vino, poiché si accerta che tutto il delicato processo venga svolto seguendo le regole.

L’ISTAT classifica l’enologo tra le professioni rientranti nell’insieme dei “Tecnici dei prodotti Alimentari”. Si tratta di professioni dentro il grande insieme dei lavori nell’ambito delle scienze della salute e della vita. Rientrano nel medesimo insieme degli enologi professionisti quali: 

  • Tecnici alimentari 
  • Tecnici oleari 
  • Biotecnologi agrari
  • Enotecnico 

L’enologo non va confuso con l’enotecnico. Anche quest’ultimo è esperto di coltivazione della vite, in tecniche di raccolta e imbottigliamento. Tuttavia è sufficiente acquisire un diploma e frequentare un corso di formazione in viticoltura ed enologia, come specificato nel Decreto del Presidente della Repubblica del 15 marzo 2010, n 88.

Similmente non bisogna confondere l’enologo con il sommelier. Quest’ultimo è più facile trovarlo presso ristoranti e vinerie e si occupa principalmente della parte sensoriale del vino.

È in grado di raccontare la storia del vino, di proporre abbinamenti e aiuta i titolari di attività nel settore della ristorazione nella selezione dei vini da proporre poi ai clienti. Anche per diventare sommelier bisogna frequentare appositi corsi di specializzazione, spesso frequentanti dagli enologi stessi come post laurea.

Competenze tecniche e trasversali dell’enologo 

Non ci si può improvvisare enologi. Come vedremo in dettaglio nei prossimi paragrafi bisogna seguire un percorso di studi e formazione finalizzato ad acquisire tutte quelle competenze necessarie per svolgere il lavoro con professionalità. 

Sicuramente un perfetto mix tra competenze tecniche e trasversali o soft skills sono essenziali per avere successo. In particolare, l’enologo non può prescindere da conoscenze economiche tecniche e delle norme attualmente vigenti. 

Di conseguenza l’enologo deve necessariamente sapere lo stato attuale dell’economia vinicola, le tecniche da utilizzare, le normative in ambiti vitivinicolo. 

Deve inoltre essere in grado di:  

  • Analizzare il vino
  • Saper gestire una cantina 
  • Monitorare lo stato di salute del vigneto
  • Conoscere strategie di vendita efficaci per aumentare le vendite

Alle suddette competenze tecniche si aggiungono alcune di tipo trasversale. È necessario essere dotati di spiccate capacità organizzative, capacità di lavorare in gruppo, anche con altri professionisti del settore. Inoltre, problem solving e capacità decisionali sono essenziali per far fronte agli imprevisti.

Evoluzione della professione dell’enologo

Oltre a quanto già riportato, anche la professione dell’enologo sta profondamente mutando grazie alla presenza di nuove tecnologie. In particolare, l’enologo 4.0 non può prescindere dal conoscere le nuove tecniche di viticoltura di precisione e dell’uso di strumenti detti: decisionali di supporto.

Questi ultimi permettono di valutare lo stato di salute dei vigneti anche da remoto così da intervenire tempestivamente in caso di necessità. 

L’obiettivo non è solo quello di controllare al meglio la vigna, ma è anche quello di ottimizzare l’intera gestione dell’azienda agricola in un’ottica di maggiore sostenibilità unità a una maggiore qualità del prodotto finito. 

Rimanendo in tema di evoluzione della professione bisogna anche evidenziare un crescente interesse verso la viticoltura biologica. Un’esigenza quest’ultima che sta portando sempre più all’utilizzo di composti naturali alternativi che ha l’obiettivo di ridurre al minimo l’utilizzo di pesticidi potenzialmente pericolosi per l’uomo. 

Cosa fa l’enologo 

L’enologo si occupa di gestire e di assicurarsi che i processi di coltivazione, raccolta e imbottigliamento del vino vengano svolti seguendo le norme previste. Possiamo fare riferimento alla legge 238/2016, conosciuta anche come “Testo Unico del vino”, come il testo guida a cui l’enologo da riferimento. 

L’attività in concreto si articola in cinque fasi, riportate anche da Assoenologi – l’Associazione Enologi Enotecnici Italiani a cui fanno riferimento i professionisti del settore. 

Progettazione e cura dell’impianto 

L’enologo si accerta che l’impianto di produzione del vino e il vigneto siano idonei, conformi alle regole e in grado di produrre un bene finale in linea con le richieste dei consumatori. 

Da qui si evince che il lavoro dell’enologo si svolge principalmente sul campo. Il professionista monitora la crescita dell’uva, ne valuta la qualità e si accerta che tutto si svolga nel miglior modo possibile. 

Trasformazione 

È sempre compito di enologi ed enotecnici individuare le migliori pratiche da seguire per la raccolta dell’uva e la successiva trasformazione di queste in vino. Selezionano quindi le uve, scelgono i trattamenti da fare e tutte le operazioni previste durante la fase di vinificazione. 

Si tratta di un processo molto delicato che necessita si seguire protocolli ben definiti riportati sia dalle norme nazionali sia nel Codice internazionale delle pratiche enologiche OIV (Organization Internationale de la Vigne et du Vin). 

Controllo qualità 

Successivamente l’enologo si accerta che il prodotto rispetta vari parametri dal punto di vista: 

  • Chimico
  • Fisico 
  • Microbiologico 
  • Sensoriale 

Dai dati raccolti valuta l’efficacia delle pratiche attuate e si accerta che tutto sia conforme alle norme previste, tanto dal punto di vista sanitario quanto alimentare. 

Commercializzazione 

I compiti e le mansioni dell’enologo, come accennato, seguono l’intero processo di produzione del vino. Per questo motivo la figura continua a mettere a disposizione le proprie competenze anche dopo l’imbottigliamento.

Grazie alle conoscenze in marketing e comunicazione, l’enologo si accerta che il prodotto abbia tutti i requisiti per attirare l’attenzione del consumatore e suggerisce azioni da intraprendere con l’obiettivo di riuscire a vendere il prodotto al potenziale target di consumatori individuato. 

Analisi e reportistica 

E infine sulla base dei risultati di vendita raggiunti e i feedback ricevuti, l’enologo svolge un lavoro di analisi e reportistica utile per migliorare il prodotto finale l’anno successivi. Qui la figura valuta diversi parametri. I risultati economici, ma anche l’impatto ambientale e sociale. 

Come diventare enologo 

La scelta di diventare enologo può essere compiuta già dopo aver conseguito la licenza media. Terminata quest’ultima, coloro che ambiscono a una carriera nel settore dell’agricoltura, agroalimentare o dell’agroindustria, potrebbero pensare d’iscriversi all’Istituto Tecnico Agrario. 

Così facendo si inizia sin da subito a prendere confidenza con il settore, imparando ad esempio le varie tecniche di produzione del vino (e di altri generi alimentari) e le tecniche di trasformazione e di valorizzazione dei prodotti. È un programma molto vasto dove non mancano materie quali: 

  • Estimo 
  • Marketing 
  • Gestione dell’ambiente 
  • Legislazione 

Università di viticoltura ed enologia 

Coloro che invece decidono di diventare enologi solo dopo le scuole superiori, una volta acquisito un qualsiasi diploma di maturità, sono tenuti a iscriversi alla facoltà di Agraria. In particolare, il corso specifico è quello in Viticoltura ed Enologia. 

Il corso di laurea triennale permette di conseguire il titolo di enologo. I laureati possono così vantare di un solido curriculum. Il corso di laurea infatti prevede sia esami di base ad esempio in: 
chimica, fisica e scienze biologiche, sia specifici e professionalizzanti pensati appunto per svolgere il futuro lavoro da enologo. Alcuni esami che l’aspirante enologo si trova a sostenere sono: 

  • Elementi di enologia 
  • Chimica del suolo 
  • Analisi eno-chimiche 
  • Ingegneria viticola 
  • Gestione dell’impresa vitivinicola 
  • Patologia vegetale 
  • Tecniche di viticoltura 

Da Nord a Sud sono presenti corsi L-25 in Scienze e Tecnologie Agrarie e Forestali. Gli interessati possono consultare il programma didattico e tutte le informazioni inerenti all’accesso al corso proposte ad esempio: dall’Università degli Studi di Milano o dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.

Laurea Magistrale e Master in enologia

Una volta acquisita la Laurea triennale è possibile iniziare a svolgere la professione dell’enologo oppure continuare a formarsi. Le possibilità sono: o iscriversi a un corso di Laurea Magistrale in Scienze enologiche, oppure iscriversi direttamente a un master

Tendenzialmente una possibilità non esclude l’altra. È prassi, infatti, prima completare gli studi universitari e successivamente optare per un master. Così facendo il proprio curriculum è completo e si può ambire a trovare lavoro in prestigiose aziende vinicole e non solo. 

I corsi di specializzazione, siano lauree magistrali o master si concentrano a formare la figura dell’enologo manager, un profilo cioè anche in grado d’intraprendere un percorso imprenditoriale finalizzato cioè a gestire un’attività in proprio. Ad esempio, i corsi sono dedicati a tematiche quali: 

  • Strategie per la valorizzazione di vini di alta qualità 
  • Enologia di precisione 
  • Gestione aziendale e marketing 
  • Organizzazione di filiere vinicole internazionali

Enologo: sbocchi professionali e opportunità di carriera 

Ma dove può lavorare un enologo? Federvini ci informa che le aziende vitivinicole in Italia sono oltre 310.000 a cui bisogna aggiungere oltre 45.000 aziende vinificatrici.

Si tratta di numeri molto elevati che rendono la professione dell’enologo molto richiesta. Da non sottovalutare inoltre la possibilità di lavorare all’estero. Molti enologi italiani sono richiesti negli USA, in particolare in California.

Già dopo aver conseguito la laurea triennale le possibilità di trovare lavoro sono elevate, soprattutto considerando la buona versatilità della professione che può trovare occupazione in diverse tipologie di attività.

È possibile quindi rispondere ad annunci di lavoro specifici pubblicati da aziende private, sia dare uno sguardo ai concorsi pubblici, poiché la figura come vedremo è anche richiesta dalla PA.

  • Aziende vitivinicole: l’enologo si occupa dell’intero processo produttivo, mettendo a pieno frutto quanto appreso durante gli studi. La sua presenza è richiesta in ogni fase dell’allestimento della vigna fino alla fase di reportistica e analisi necessaria per valutare l’andamento delle vendite. 
  • Cooperative sociali: l’enologo spesso trova lavoro presso le numerose cooperative agricole o cantine sociali che si occupano di raccogliere l’uva prodotta da piccoli e medi agricoltori operanti in un medesimo territorio e quindi di produrre, imbottigliare e commercializzare il vino. 
  • Aziende imbottigliatrici: talvolta è possibile occuparsi solo di una fase del lungo ed elaborato processo di trasformazione dall’uva al vino. Non è raro imbattersi in annunci di lavoro pubblicati da aziende imbottigliatrici che necessitano di uno o più enologi. 
  • Enti pubblici: l’enologo può trovare lavoro anche presso Enti pubblici coordinati ad esempio dal Ministero dell’Agricoltura, da vari assessorati o dalle Camere di commercio. In questo caso svolge un ruolo di assistente e consulente per tutte le imprese operanti in un determinato settore, mettendo a disposizione le sue competenze divulgando best practices, consigliando nuove tecniche produttive da attuare o nuove politiche commerciali che possano migliorare l’intero settore. 
  • Attività di consulenza: l’enologo può anche lavorare in proprio esercitando la professione come libero professionista. In questo caso non lavora per una sola azienda ma offre un servizio di consulenza rivolgendosi a più realtà, le quali in base alla necessità si rivolgono all’enologo. 

Da grande farò…il FORNAIO-PANETTIERE

È uno dei lavori che sembra non voler fare più nessuno. Eppure il mestiere del panettiere sta conoscendo una seconda giovinezza. E bando a quanti sostengono che i ragazzi, ma anche i meno giovani, non vogliono darsi da fare. Suscitò non poche polemiche un articolo del Fatto Quotidiano, in reazione alla vicenda di un panificio che non riusciva a trovare un apprendista. Orario impossibile e paga troppo bassa: questi i motivi per i quali l’annuncio di lavoro di un forno di Padova fu snobbato da tutti.

Ma oggi più che mai il lavoro del panettiere sta tornando alla ribalta. I giovani tra i 18 e i 36 anni riscoprono il piacere dei mestieri tradizionali e non solo per necessità dettata da un mercato occupazionale saturo. Certo, è necessario svegliarsi presto, si lavora quando gli altri dormono e in condizioni ambientali difficili, specialmente in estate, ma il pane è un prodotto alla base dell’alimentazione, perciò non mancherà la richiesta di lavoro anche nei prossimi anni dal mercato italiano ed estero.

In questa guida vi spieghiamo come diventare fornaio, in cosa consiste il lavoro e tutti gli step da seguire per diventarlo.

Come si fa a diventare panettiere?

Per diventare panettiere non è sufficiente la buona volontà: serve preparazione e costanza, oltre che una buona dose di manualità. Imparare a fare il fornaio spesso si tramanda di generazione in generazione, di padre in figlio. Tanti, ad esempio, quelli che continuano il lavoro di fornaio dei genitori. Persone nate tra acqua e farina, cresciute impastando una pagnotta e una rosetta tra i compiti e i giochi con gli amici.

Ci sono, poi, i diplomati dell’Istituto Alberghiero, persone che grazie alle competenze acquisite nel corso degli anni scolastici possono intraprendere questa carriera. E per gli altri? È importantissima la formazione.

Per i neofiti, ovvero quanti si stanno avvicinando a questo mestiere per la prima volta è, infatti, fondamentale imparare le tecniche principali per diventare un bravo panettiere. Il primo passo da compiere per loro è seguire un corso per panettiere e ottenere così un diploma.

➤ Approfondimento consigliato: scopri tutti i lavori che si possono fare senza diploma

Fare un corso di panettiere

Esistono diversi corsi per diventare fornaio, attraverso cui specializzarsi e approfondire gli aspetti sia teorici che pratici della produzione di prodotti da forno, imparare a conoscere i meccanismi chimico-fisici relativi alla preparazione del pane e a gestire i processi dell’impasto, della lievitazione e della cottura.

Da quelli di breve durata ai corsi più lunghi, dal corso gratuito organizzato dalla regione alle scuole a pagamento, fino a quelli pensati per i disoccupati: l’offerta formativa in Italia è molto ampia: da Udine a Torino, da Varese a Como, passando per Bologna, Napoli, Roma, Verona e Padova. A livello regionale e provinciale ci sono corsi di formazione gratuita o convenzionata.

I migliori corsi

Tra i corsi nel Paese più accreditati è il corso di panettiere dell’AssoAPI, associazione con sede a Roma e ad Avellino che tutela e promuove la qualità del “Made in Italy”, favorendo l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese del settore alimentare. Il corso si struttura in lezioni, stage e accompagnamento al lavoro per un costo di 1.500 euro. Inoltre è possibile cercare lavoro a Roma come fornaio, una volta completato il corso.

C’è poi il corso dell’Accademia Italiana del Pane, la prima scuola in Italia per la formazione di panettieri. Tante le sedi: Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana e Veneto. L’obiettivo è insegnare e trasmettere nuove tecniche e nuovi modi di intendere l’arte del pane, valorizzando i migliori ingredienti della tradizione e prestando la giusta attenzione all’equilibrio nutrizionale degli alimenti, per essere in linea con gli stili di vita contemporanei. Il costo del corso varia dai €150 ai €1.250, a seconda del corso e del modulo scelto.

Aziende che organizzano corsi di formazione per panettieri

Anche alcune aziende specializzate in farine o panificati organizzano corsi interni, per lo più gratuiti, finalizzati all’assunzione o a intraprendere attività autonoma.

Ad esempio l’azienda Molino sul Clitunno di Trevi propone periodicamente una serie di corsi (max 25 partecipanti) presso la propria accademia di formazione “Antico Fienile” rivolti alla panificazione, alla pasticceria e alla pizzeria. I corsi non sono a pagamento, ma prevedono solo un contributo di partecipazione per il materiale, il kit di laboratorio ed il pranzo (circa 50 euro) e sono rivolti a professionisti del settore.

Cast Alimenti organizza il Corso Serale per Panificatore, di 20 serate, con 80 ore di formazione (teoriche e pratiche per un massimo di 16 partecipanti. La sede è a Brescia e il modulo è rivolto a persone senza esperienza nel campo della panificatore o provenienti da altri ambiti professionali per trasformarli in bravi panettieri. Il corso è interamente pratico e si svolge sotto la supervisione di docenti scelti tra i migliori consulenti del panorama italiano. L’alloggio è escluso dal costo del corso, ma la scuola ha attivato convenzioni con strutture ricettive della zona per ogni esigenza. Il prezzo del corso è di €1.490.

Accademie e scuole per panettieri

È rivolto ai futuri Bakery Chef il corso di Panificatore Moderno della Scuola Alma (importante accademia di cucina del nord Italia). Scopo delle lezioni è trasmettere competenze trasversali di tipo tecnico, gestionale e culturale, elementi fondamentali per lavorare in ambienti di panificazione tradizionale o in una realtà più moderna. La quota di iscrizione è di 8.495€ e prevede due mesi di scuola e due mesi di stage con possibilità di alloggio a Colorno, in provincia di Parma.

Perugia troviamo il corso di panificatore professionale dell’Università dei Sapori, a numero chiuso, che prevede attività teoriche in aula e attività pratiche in laboratorio. Su richiesta dei partecipanti, al termine del corso formativo, previo superamento dell’esame finale e l’ottenimento della qualifica, è possibile attivare un tirocinio formativo presso qualificate aziende del settore Ho.Re.Ca della provincia di Perugia. Il corso rilascia l’attestato HACCP, l’attestato sulla “Sicurezza nei luoghi di lavoro” e il certificato di qualificazione professionale di “Addetto qualificato panificatore” valida a livello nazionale e comunitario. Il costo è di 4mila euro.

Infine, per quanti vogliono specializzarsi in prodotti da forno gluten free, la Scuola Arte Bianca di Milano organizza un corso di panettiere senza glutine. La durata del corso è di 40 ore per 5 giorni in full immersion dal lunedì al venerdì dalle h 9.30 alle 17.30. Anche qui è previsto il rilascio dell’attestato HACCP, considerato un plus nel curriculum vitae dei candidati.

Cosa fa un panettiere? Requisiti e mansioni

Il lavoro da fornaio consiste nella produzione quotidiana del pane e di altri prodotti da forno, dolci e salati, solitamente lievitati, e nella vendita e commercializzazione di ciò che realizza. I requisiti per fare il panettiere riguardano soprattutto l’abilità manuale e la creatività.

La mansione principale è sicuramente impastare e cuocere pane, focacce, grissini, salatini, pizze, biscotti e tanto altro. Non basta però solo impastare: quella del panettiere è anche una professione creativa dal momento che dovrà modellare il pane, dandogli una forma (o un gusto) particolare che potrebbe essere il suo marchio distintivo.

Inoltre con le moderne attrezzature, la presenza di nuove tecnologie e macchine impastatrici sempre più moderne, è ormai anche un esperto della manutenzione ordinaria e straordinaria degli attrezzi e dei macchinari.

Oltre alla realizzazione dei prodotti, il panettiere spesso svolge altri compiti: si occupa di reperire le materie prime, di tenere puliti gli ambienti, di confezionare i prodotti. In alcuni casi, il panettiere gestisce anche la vendita diretta, come commesso al banco panetteria in un panificio, in un negozio o nel reparto panetteria e pasticceria di un punto vendita della grande distribuzione. Allestisce il bancone e le vetrine di esposizione, e cura il servizio al cliente.

Insomma, fare il panettiere senza competenze oggi è praticamente impossibile: è una figura che vanta una tradizione millenaria e che richiede anche delle competenze molto avanzate, dalle quali dipende non solo il successo del forno ma anche la soddisfazione dei clienti.

Non solo giovani. È una professione molto democratica e si può iniziare fare il panettiere a 30 anni come a 40 o 50. Certo, per diventare un panettiere qualificato occorrerà del tempo: per quello è indispensabile frequentare un buon corso professionale di panettiere ed ottenere il diploma di qualifica professionale.

Gli orari di lavoro

Molti si chiedono perché nessuno (o quasi) vuole fare questo mestiere. Uno dei motivi è sicuramente che gli orari di lavoro di un panettiere sono molto duri. Si lavora di notte, ed è per questo da molti considerato un lavoro usurante, difficile da fare. I fornai, infatti, si svegliano generalmente verso le 2 del mattino, cominciando da subito a preparare impasti e prodotti che saranno poi venduti all’apertura del forno o della panetteria.

A mezzogiorno il loro lavoro finisce, dopo una giornata molto lunga e faticosa. L’orario è diverso nelle aziende alimentari e nella grande distribuzione organizzata, dove la produzione è continua: ai panettieri è spesso richiesta la disponibilità a lavorare su turni, anche la domenica e nei giorni festivi.

Ma i vantaggi di fare il fornaio sono tali da far passare in secondo piano gli orari, soprattutto se si ha una propria panetteria. In questo caso, oltre ai corsi, bisogna avere anche l’attestato REC (in realtà EX REC), che è lo stesso attestato che ora viene chiamato SAB (Somministrazione Alimenti e Bevande).

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Lo stipendio di un panettiere

Quanto guadagna un panettiere? Per quanto riguarda il capitolo stipendi, il guadagno da panettiere varia a seconda se si è dipendenti oppure si ha una propria attività.

Diciamo che la paga di un fornaio alle prime esperienze difficilmente scende sotto i 1200 euro al mese. In media possiamo dire che lo stipendio di un apprendista si aggira intorno ai 1400 euro, mentre un panettiere qualificato può tranquillamente arrivare a 2000 o 2500 euro al mese, fino a superare i 3000 euro nel caso dei forni più famosi in Italia. Per questa cifra vale la pena di fare qualche sacrificio “notturno”.

Visto che si tratta di un mestiere artigiano tra i più nobili e antichi, diventare un fornaio e specializzarsi in questa raffinata arte risulta ancora oggi uno dei più importanti sbocchi lavorativi per giovani e non. Per intraprendere questa strada occorre preparazione, soprattutto se si vuole diventare un ottimo panettiere e raggiungere alti livelli.

Da grande farò…la GUIDA TURISTICA

Chi è e cosa fa la guida turistica.

La guida turistica è una persona che per lavoro accompagna singole persone o gruppi di turisti a visitare musei, gallerie, scavi archeologici, opere d’arte e siti di interesse turistico. Illustra le caratteristiche e le attrattive paesaggistiche, artistiche, storiche e culturali.

Non si tratta di un lavoro stagionale, in Italia il turismo culturale non conosce una vera e propria bassa stagione ma è caratterizzato da flussi diversi soprattutto per quanto riguarda le città d'arte. Spesso nei periodi estivi dove l'attività è maggiore si tratta di operare anche con stranieri mentre nel resto dell'anno sono gli italiani a essere protagonisti. Fondamentale per un impegno di questo tipo sono le competenze linguistiche, se una volta era sufficiente la specializzazione in inglese e francese adesso aiuta anche la conoscenza del russo, del cinese o del giapponese.

Questa figura professionale non va confusa con quella dell’accompagnatore turistico, che invece si limita ad assistere e a fornire informazioni ai turisti, a volte accompagnandoli anche nei siti di interesse, senza però effettuare visite guidate. Sostanzialmente il suo compito è relativo alla buona riuscita del viaggio o della gita.

Competenze necessarie per diventare guida turistica.

Prima di parlare dei titoli minimi richiesti per accedere all’Esame di Stato, vediamo quali competenze di base bisogna possedere per diventare una guida turistica.

In un Paese come l’Italia, ricco di storia, cultura, musei e siti archeologici, è necessario che ogni Regione abbia delle guide turistiche competenti e desiderose di trasmettere la conoscenza del nostro patrimonio culturale anche a turisti italiani e stranieri. Per poterlo fare servono:

-una profonda passione per tutto ciò che riguarda il proprio territorio, dall’arte all’archeologia, dalla storia alle tradizioni;

-una cultura generale ampia sulla storia e la cultura del nostro Paese e una conoscenza specifica della storia dell’arte;

-la conoscenza di almeno due lingue straniere, che consentono di lavorare anche con i turisti provenienti da altre nazioni;

-spiccate capacità relazionali, indispensabili per potersi confrontare con persone provenienti da paesi e culture diverse ma anche per coinvolgerle durante le visite e non annoiarle.

Come formarsi per diventare una guida turistica. 

La formazione per diventare guida turistica, in realtà, dovrebbe iniziare già dalle scuole superiori, dove si consiglia il liceo classico, l’artistico o un istituto tecnico per il turismo. Per quanto riguarda l’Università, il corso di laurea più indicato è certamente quello in Storia dell’Arte; in alternativa, sono adatti anche tutti i corsi di laurea in materie umanistiche. Inoltre, nella formazione sono considerati anche i corsi di preparazione all’esame di abilitazione.

Requisiti minimi per accedere all’Esame di Stato per guida turistica.

Come in molti altri ambiti lavorativi, anche in quello delle guide turistiche la passione e la cultura generale non bastano. Per poter svolgere questa professione, infatti, è necessario conseguire un patentino di abilitazione attraverso il superamento di un Esame di Stato.

La disciplina che regola l’accesso a questa professione è contenuta nel Decreto Ministeriale dell’11 dicembre 2015. 

Tale provvedimento ha stabilito che i requisiti minimi per poter partecipare all’esame sono i seguenti:

-essere maggiorenni;

-essere in possesso del diploma di laurea triennale;

-essere in possesso della qualifica professionale di guida turistica conseguita negli Stati membri dell'Unione Europea o di abilitazione all'esercizio della professione qualora lo Stato membro dell'Unione Europea di provenienza della guida preveda un'abilitazione per lo svolgimento della professione.

Come funziona l’Esame di Stato.

A cadenza biennale le Regioni e le Province autonome stabiliscono lo svolgimento delle sessioni di esame, tramite la pubblicazione di appositi bandi. È bene, dunque, informarsi periodicamente sul sito della propria Regione per leggere il bando e inviare la domanda entro la scadenza prevista. L’Esame di Stato consiste in tre prove:

-una prova scritta, composta da quesiti a risposta multipla e domande generali sulla legislazione, l’organizzazione turistica e la Storia dell’Arte italiana, con particolare riguardo ai siti artistici oggetto di domanda per la specifica abilitazione, ossia quelli del territorio per il quale si intende ottenere il patentino;

-una prova orale sulle stesse materie della prova scritta, più una parte per verificare le competenze linguistiche;

-una prova pratica, in cui i candidati dovranno cimentarsi nella simulazione di una visita guidata, utilizzando anche supporti multimediali.

Per preparare al meglio questo concorso esistono diversi manuali con una parte teorica e i relativi quiz. I più completi hanno a disposizione anche un software per una prova di esame. 

Superando l’esame si consegue l’abilitazione alla professione e si potrà dunque essere inseriti nell’elenco nazionale delle guide turistiche del Ministero per idei Beni e le Attività Culturali e per il Turismo.

Quanto guadagna una guida turistica?

Difficile fare una stima precisa dello stipendio di una guida turistica. Il guadagno per questo tipo di lavoro dipende molto dalla tipologia di contratto con cui si è impiegati, dove si esercita la propria professione, la disponibilità a essere impegnati anche nei giorni di festa. In media, comunque, una guida turistica ha uno stipendio di 1300 € mensili, all’incirca 35 euro all’ora. Le tariffe per l’intera giornata possono andare da un minimo di 150 € ad un massimo di 350€.

Da grande farò…il Food and Beverage manager

Il Food and Beverage Manager è il responsabile di tutte le attività legate alla ristorazione all’interno di strutture organizzative particolarmente complesse ad elevato livello di servizio, come hotel e altre strutture ricettive.

Grazie alle sue competenze manageriali si occupa, in linea generale, della pianificazione del budget, dell’approvvigionamento delle materie prime, della gestione del personale di servizio e del controllo della qualità dei prodotti.

In sostanza, gestisce tutte le attività legate alla ristorazione, sia di strutture alberghiere che ristorative.

Nell’albergo o nel ristorante dove presta la sua attività, è responsabile inoltre del servizio banchetti, riunioni e colazioni di lavoro, in qualità di promotore e di fornitore del servizio stesso. Il Food & Beverage manager ha il compito di garantire, per il settore di propria competenza, il rispetto dell’immagine della struttura ricettiva, dal punto di vista dell’efficienza e degli standard qualitativi.

Di cosa di occupa?

Se vogliamo entrare più nello specifico alcune mansioni che svolge sono:

  • Definire il budget e gestire i costi
  • Controllare la qualità dei prodotti e servizi
  • Far rispettare le norme igieniche e di pulizia
  • Organizzare gli eventi (come buffet, cerimonie o convegni)
  • Gestire i rapporti con i fornitori


Le principali attività riguardano quindi la definizione del budget e il controllo dei costi; il controllo del rispetto degli standard di qualità dei prodotti-servizi; il controllo dell’igiene di locali, attrezzature da cucina, impianti destinati alla preparazione, conservazione e consumo di cibi e bevande.

Si può occupare direttamente della organizzazione di eventi non ordinari, quali ad esempio buffet, meeting, convegni, cene a tema, ecc.

In tal senso cura l’allestimento del buffet per ogni occasione conviviale, supervisionando i menù, l’allestimento dei piatti ed effettuando sopralluoghi sul luogo dove verrà svolto l’incontro.

Definisce, propone ed esegue il budget della funzione ristorazione, d’intesa con il direttore ed il responsabile marketing, se presenti. Appronta i piani di approvvigionamento e definisce il livello qualitativo e quantitativo delle scorte minime. Fissa gli standard di peso dei cibi e delle bevande in collaborazione con il cuoco, permettendo appropriati controlli sui costi e sulle quantità.

Seleziona e controlla i fornitori perseguendo il giusto punto di equilibrio qualità/prezzo. Redige, in collaborazione con il personale di cucina i menù del giorno e dei banchetti, organizza i reparti, lo stoccaggio delle merci e sovrintende ai piani di sanitizzazione dei locali. All’interno di una struttura alberghiera coordina il lavoro con i capi servizio di cucina, bar, sala ristorante e cura l’esecuzione del servizio in camera.

Verifica il grado di soddisfazione della clientela e appronta eventuali correttivi per migliorare l’efficienza del servizio.


Sbocchi professionali

Generalmente un F&B Manager lavora nel settore turistico-alberghiero, nei ristoranti degli hotel, dei resort e dei villaggi turistici, nei ristoranti a bordo delle navi da crociera. Questo tipo di figura può inoltre trovare opportunità nel settore della ristorazione in generale, come ad esempio in grandi ristoranti con servizio banchetti e ricevimenti o imprese di catering.

L’orario di lavoro non è mai fisso, in quanto dettato dagli orari di servizio del ristorante (colazioni, pranzi e cene), e il F&B Manager deve spesso lavorare anche la sera, nei giorni festivi e nei weekend.


Come diventare Food and Beverage manager?

Per diventare Food&Beverage Manager ovviamente servono delle competenze specifiche, come saper gestire la parte economica di un hotel o un ristorante, conoscere il mondo della ristorazione, saper coordinare il personale di servizio, essere in grado di sapere quante persone servono per un determinato compito e molto altro.

Le conoscenze richieste sono di tipo tecnico e organizzativo, essendo una professione con livelli di responsabilità elevati. Costituiscono titolo preferenziale la laurea in economia del settore turistico, la frequenza di corsi di specializzazione (esistono corsi per la qualifica di Food&Beverage Manager) , buona esperienza nel settore; conoscenze in ambito economico gestionale e relative alla preparazione di cibi e bevande; conoscenza di almeno due lingue straniere.

Da grande farò…LA GUARDIA FORESTALE

Se ami la natura e ti piacerebbe svolgere una professione che ti permetta di salvaguardare l'ambiente e le popolazioni delle aree rurali e montane, intervenire in caso di incendi o contaminazioni e proteggere flora e fauna, il lavoro di guardia forestale potrebbe fare per te.

Ma che cosa fa una guardia forestale nello specifico, e quali sono le qualifiche necessarie a intraprendere questa carriera?

Le Guardie forestali si occupano della tutela il patrimonio naturale e paesaggistico italiano, prevengono e reprimono i reati in materia ambientale e agroalimentare.

Si occupano di sorvegliare i Parchi e le Riserve Naturali per proteggere l’ambiente e intervengono nei casi di inquinamento di acque e boschi, incendi, costruzioni abusive e in generale di fronte a tutto ciò che minacci la natura; agiscono anche per salvaguardare gli animali in pericolo o a rischio estinzione oppure in occasione di battute di caccia irregolari.

Il Corpo della Guardia Forestale garantisce inoltre la distribuzione di prodotti agricoli di qualità, reprimendo le frodi in danno alla sicurezza alimentare.

In montagna, le Guardie Forestali sono chiamate a tutelare la sicurezza degli abitanti attraverso la prevenzione del rischio valanghe e il soccorso sulle piste da sci.

Quali sono i suoi compiti

  • Tutela del patrimonio naturale e paesaggistico.
  • Salvaguardia delle risorse agroambientali, del patrimonio faunistico e naturalistico nazionale.
  • Sorveglianza dei parchi, delle aree naturali protette e delle 130 riserve naturali dello Stato.
  • Attività di ricerca, conservazione ed educazione ambientale.
  • Attività di prevenzione e repressione dei reati in materia ambientale e agroalimentare.
  • Compiti di polizia venatoria per reprimere il bracconaggio.
  • Azioni di controllo sulla pesca nelle acque interne.
  • Prevenzione e repressione delle violazioni in materia di benessere degli animali.
  • Tutela dell’agricoltura di qualità contro atti o frodi a danno della sicurezza alimentare.
  • Prevenzione del rischio valanghe.
  • Vigilanza e soccorso sulle piste da sci.

Come diventare guardia forestale?
Per accedere al Corpo Forestale dello Stato è necessario superare il concorso pubblico di ammissione ed è possibile poi proseguire il percorso di carriera con gli specifici concorsi interni.

A seconda del ruolo e dell’avanzamento di carriera, sono richiesti diversi percorsi e titoli formativi (licenza media o diploma di scuola superiore o laurea) e differenti addestramenti pratici.

Chi aspira a diventare una Guardia Forestale ama la natura e desidera prestare il proprio impegno a proteggere l’ambiente e chi lo abita. Fra le caratteristiche quasi imprescindibili dei professionisti di questo settore, quindi, va citata senza dubbio la passione per l’ambiente.

Per diventare Guardia Forestale è utile avere riflessi pronti e saper intervenire con efficacia nei casi di emergenza.


Per accedere al Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare è necessario superare i concorsi pubblici per entrare nell'Arma dei Carabinieri. All'interno dei concorsi viene solitamente specificato il numero dei vincitori che saranno formati in materia di sicurezza e tutela ambientale, forestale e agroalimentare, e i candidati hanno la possibilità di indicare la loro preferenza in fase di inoltro della domanda di partecipazione.

Come partecipare al concorso
La domanda di partecipazione a uno di questi concorsi andrà compilata nelle tempistiche corrette. I candidati dovranno compilare tutte le informazioni richieste nel corso della procedura guidata ed essere in possesso dei requisiti necessari per diventare carabiniere.

La selezione si articola in diversi passaggi, che comprendono:

-Una prova scritta, ovvero quiz di cultura generale a risposta multipla
-Prove di idoneità fisica, per verificare che i candidati posseggano i requisiti necessari a espletare i compiti richiesti
-Accertamenti sanitari, che servono a verificare l'idoneità psicofisica dei candidati a prestare servizio nell'Arma
-Accertamenti dell'idoneità attitudinale
-Valutazione dei titoli di studio

Sulla base dei diversi punteggi viene stilata una graduatoria, i cui vincitori vengono ammessi a frequentare il corso formativo per l'ambito a cui saranno stati assegnati (nel caso dei forestali, il corso verterà su sicurezza e tutela ambientale, forestale e agroalimentare).

Una volta entrati a far parte del Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare, sarà poi possibile intraprendere diversi percorsi di carriera, a seconda dei propri titoli formativi e della propria esperienza.

DA GRANDE FARO’…IL NEUROPSICHIATRA INFANTILE

Il neuropsichiatra infantile è un medico specializzato che si occupa di problematiche psichiatriche e neurologiche nell’infanzia e nell’adolescenza. Presso il poliambulatorio dell’Ospedale Maria Luigia è attivo un ambulatorio di neuropsichiatria infantile coordinato dalla dott.ssa Antonella Ciriaco. In questa breve intervista conosciamo meglio la neuropsichiatria infantile come branca della medicina e il professionista che se ne occupa: il neuropsichiatra infantile.

La neuropsichiatria infantile

“La neuropsichiatria infantile è una branca della medicina ed è considerata una disciplina mista, nel senso che si considera una specialità a ponte tra tre diverse aree della medicina: la pediatria, la neurologia e la psichiatria.”

“La pediatria, in quanto è una disciplina che si occupa di bambini e adolescenti, la neurologia in quanto si occupa di patologie che coinvolgono il sistema nervoso centrale e periferico e psichiatria in quanto si occupa di problematiche psichiche e psichiatriche specifiche di questo periodo della vita.”

“Ancora oggi, in Italia, la competenza neurologica infantile e quella psichiatrica infantile sono unite insieme in un’unica figura professionale: il neuropsichiatra infantile.”

“In altri paesi non è più così; ad esempio in Inghilterra esistono due figure differenti. Una specialità si dedica allo studio e alla cura delle malattie neurologiche dell’infanzia, l’altra si concentra invece su problematiche psicologiche e psichiatriche in età evolutiva.”

Il neuropsichiatra infantile

“Per diventare neuropsichiatra infantile c’è una strada lunga e perigliosa da percorrere. Bisogna innanzi tutto laurearsi in Medicina e Chirurgia e poi effettuare una specializzazione specifica in neuropsichiatria infantile (ora la specialità dura 4 anni).”

“Inoltre, una volta specializzati, la formazione deve costantemente continuare… Infatti in Italia i neuropsichiatri infantili si specializzano ulteriormente nel corso della loro carriera e scelgono se approfondire, attraverso la pratica clinica, lo studio e la ricerca, la parte di neurologia infantile oppure quella di psichiatria infantile.”

Neuropsichiatri infantili territoriali e ospedalieri

“C’è poi una ulteriore differenza da sottolineare. I neuropsichiatri infantili si dividono in territoriali e ospedalieri. In genere i neuropsichiatri infantili del territorio tendono ad avere una formazione un po’ più a 360 gradi.”

“Quindi, nonostante si specializzino in una delle due sottocategorie (neurologia o psichiatria), possono incontrare entrambe le tipologie di malattia nei bambini che seguono.”

“I neuropsichiatri infantili ospedalieri devono sempre continuare a mantenere la visione d’insieme dello sviluppo neuropsichico del bambino, ma si occupano in maniera maggiormente specializzata di patologie neurologiche o psichiatriche.”

“Ad esempio un bambino con una diagnosi di malattia rara verrà indirizzato presso un centro specialistico ospedaliero che tratta malattie neurologiche dell’infanzia. Al contrario, un bambino che presenta una diagnosi di autismo più facilmente arriverà all’attenzione di un neuropsichiatra infantile che lavora in un centro specializzato per l’autismo.”

Di cosa si occupa il neuropsichiatra infantile?

“L’ambito della neuropsichiatria infantile è davvero vasto. In passato si era ragionato sul far sparire questa branca facendone assorbire una parte dalla neuropediatria e un’altra parte dalla psichiatria. Ma poi è stato deciso di non farlo.”

“E da neuropsichiatra infantile sono molto d’accordo: la nostra specialità è l’unica che si occupa specificamente dello sviluppo neuropsichico fisiologico e patologico del bambino e dell’adolescente durante tutto il periodo di formazione.”

“Con il progresso della scienza e delle conoscenze mediche sono state individuate numerose patologie in più, sia neurologiche che psichiatriche tipiche dell’infanzia. Queste diagnosi sono diventate davvero tante e c’è bisogno di uno specialista che le riconosca e se ne occupi in modo specifico.”

“Il neuropsichiatra infantile lavora molto spesso a stretto contatto con i pediatri di libera scelta ma con competenze differenti. Il pediatra si occupa della crescita generale del bambino, del suo corretto sviluppo e delle malattie internistiche, come neuropsichiatri infantili ci specializziamo sulle problematiche neurologiche e psichiatriche.”

Quando portare un bambino dal Neuropsichiatra Infantile

“Molti genitori mi chiedono quando è necessario portare il proprio figlio ad una visita specialistica dal neuropsichiatra infantile. A volte infatti alcuni comportamenti dei nostri figli ci possono allarmare o far preoccupare anche se spesso ci troviamo di fronte a reazioni normali o comunque a normali passaggi evolutivi.”

“Sicuramente un aspetto da monitorare è l’intensità e la durata dei sintomi, nonché la compromissione del funzionamento nei diversi contesti di vita che ne può derivare.”

“Reazioni emotive negative ad eventi dolorosi della vita sono normali anche in età infantile. Per fare un esempio, se muore una persona cara e un bambino è triste, questa reazione è normale e fisiologica.”

“Non richiede in genere nessun intervento specialistico. Se invece l’emotività espressa dal bambino è intensa (ad esempio piange spesso), duratura ed inficia la possibilità di andare a scuola o stare con i pari diventa un‘ indicatore della necessità di richiedere un consulto ad un neuropsichiatra infantile.”

Neuropsichiatra infantile a Parma

L’approccio alla cura nell’ambulatorio di neuropsichiatria infantile che coordino presso il poliambulatorio dell’Ospedale Maria Luigia a Monticelli Terme, Parma…richiede un importante lavoro di equipe. Spesso infatti il neuropsichiatra infantile si trova a collaborare con altri professionisti della salute mentale come lo psicologo, l’educatore, il logopedista, il tecnico della riabilitazione psichiatrica e l’infermiere. L’approccio alle cure in neuropsichiatria infantile è infatti un approccio sistemico, complesso e multiprofessionale.

La salute psicologica di un bambino dipende soprattutto dai contesti relazionali che vive (la famiglia, la scuola, lo sport etc) e per questo la presa in carico spesso è dell’intero nucleo familiare. I genitori sono coinvolti nella presa incarico per la comprensione del disagio e la guida di eventuali evoluzioni positive.

Da grande farò…l’EDUCATORE DIGITALE

La figura professionale dell’Educatore Digitale rappresenta un docente che ha competenze in fatto di tecnologia ed innovazione ed è in grado di insegnare tali materie ai bambini e ragazzi.

Parlare di Digital Education dunque significa andare oltre le funzionalità dello strumento e prendere in considerazione tutte le componenti e le caratteristiche di un sistema comunicativo entro cui lo strumento possa essere utilizzato, analizzando le relazioni delle stesse sia rispetto alle opportunità di apprendimento individuale degli studenti, sia in termini di strategia didattica per innovare i metodi di insegnamento, alla luce delle forti stimolazioni metacognitive che i media continuamente sollecitano nelle nuove generazioni.

Il mondo della formazione è in continua evoluzione e le competenze digitali necessarie per accedere al mondo del lavoro sono aumentate, così come gli strumenti tecnologici e digitali che facilitano l’apprendimento e favoriscono l’accesso a più ambiti di specializzazione si sono moltiplicati nel tempo.

La diffusione del Covid-19 ha dato una spinta all’evoluzione verso la digitalizzazione e ha favorito la promozione della Digital Education, rendendo più reale e tangibile la prospettiva di un mondo in cui la formazione risulta più orientata all'acquisizione di competenze digitali, più flessibile e meno dipendente dalla fisicità.

La Digital Education si può definire come l’uso innovativo di strumenti e tecnologie digitali durante il processo di insegnamento e apprendimento. Essa offre l’opportunità di realizzare un percorso di apprendimento coinvolgente, orientato all’acquisizione di competenze ritenute ormai necessarie dal mondo del lavoro.

Cosa fa l'educatore digitale?

L'educatore digitale è un insegnante, un formatore, con competenze in fatto di tecnologia e innovazione, il quale è in grado di insegnare tali materie a un’ampia platea (ragazzi, studenti, lavoratori).

Esperto di educazione, ha il principale compito di trasmettere competenze in ambito digitale e consapevolezza nell’utilizzo dei più diffusi strumenti tecnologici (hardware e software). In particolare, tra i suoi principali compiti troviamo:

  • Gestire tutto il ciclo di vita di un progetto formativo, dalla progettazione alla sua conclusione.
  • Progettare e utilizzare strumenti di valutazione per gli studenti.
  • Conoscere e usare le tecnologie a supporto della formazione.
  • Realizzare programmi formativi in linea con i trend tecnologici, digitali e relativi alle competenze più richieste dalle aziende.

Quali sono le sue competenze?

L'educatore digitale possiedei un background umanistico e conoscenze in ambito tecnologico e digitale: conosce e utilizza approcci e strumenti per l’insegnamento delle materie digitali a un pubblico eterogeneo. E' un esperto in ambito di formazione ed educazione con un mix di abilità tecniche e soft skill, quali:

  • Digital Mindset.
  • Digital literacy3.
  • Capacità di individuare Digital learning solutions.
  • Digital storytelling.
  • Critical thinking.
  • Saper usare il coding come strumento per la formazione.
  • Saper utilizzare le principali piattaforme web per la comunicazione.
  • Saper utilizzare i principali software per l'apprendimento online.
  • Saper individuare le key soft skill del momento e saperle trasmettere agli ascoltatori.
  • Saper creare contenuti dei corsi didattici in diversi formati: pagine HTML, animazioni 2D o 3D, contributi audio, contributi video, simulazioni, esercitazioni interattive, test…

Come diventare educatore digitale?

Esistono corsi, anche universitari, volti a formare gli educatori o gli insegnanti, potenziando questo aspetto del loro lavoro, formando le conoscenze teoriche e sviluppando le competenze pratiche necessarie per operare nei contesti educativi e formativi digitali. Alla fine di questi percorsi formativi si diventa educatori digitali o animatori digitali per le scuole.